IL RISPETTO DI ALESSANDRO MAESTRI PER IL BASEBALL E PER L’ITALIA
L’articolo di Michele Mengoli, sul suo blog personale.
Prendi un bambino che ha un sogno. E che da adulto lo riesce a realizzare. Prendi una famiglia splendida che trasmette dei valori in cui credere. E che questi valori vengono perseguiti con tenacia e dedizione in giro per quattro continenti: Europa, America, Oceania e Asia. Poi ci metti dentro la passione e il talento, la fortuna e la sfortuna e tanto sacrificio e forza di volontà che ti porta ad avere almeno un oceano di distanza dalla gente che ami perché non puoi fare a meno di seguire la tua strada nella vita. Messa giù così sembra l’incipit della trama di un film hollywoodiano prodotto dalla Disney dove alla fine vince chi se lo merita. E in sostanza è proprio questo il punto. Ma non è Hollywood a scrivere un soggetto simile. È la vita vera di un ragazzo italiano che ha avuto la forza e la costanza – e anche il culo, perché nella vita serve sempre – di realizzare il suo sogno. La storia che l’Oblòg ha in serbo per voi è quella di Alessandro Maestri, che oggi è probabilmente lo sportivo italiano più amato in Giappone, insieme, è ovvio, ad Alberto Zaccheroni, allenatore della nazionale di calcio nipponica.
Casualmente – o forse no – entrambi sono romagnoli. Zaccheroni è nato a Meldola nel 1953, Alessandro Maestri a Cesena il primo giugno del 1985. Alessandro è un giocatore di baseball dall’età di 6 anni ed è professionista dal 2006. Gioca come lanciatore. Ha esordito nella nazionale maggiore italiana nel 2005 e dopo aver giocato in Italia, negli Stati Uniti e in Australia, dal 2012 milita nella squadra professionistica giapponese degli Orix Buffaloes di Osaka.
Alessandro, a livello umano e di vita quotidiana quali differenze hai percepito in queste tue esperienze sportive e di vita? “Viaggiare e conoscere nuove culture mi ha insegnato tanto e sapermi adattare a stili di vita diversi è sempre stata una sfida piacevole perché riuscire poco a poco a immergermi negli usi e costumi di un paese lo trovo molto gratificante. Naturalmente non è sempre facile. Negli Stati Uniti mi sono reso conto che bisogna fare uscire il proprio ego per sopravvivere. L’Australia, anche se ci ho vissuto soltanto tre mesi, l’ho trovato un luogo stupendo dove stare e mi è sembrata simile agli USA anche se con ritmi più lenti. Soprattutto ho notato che gli australiani sembrano godere di più della vita. Il Giappone invece è sicuramente la cultura più lontana alla nostra e spesso non è facile capirla. Qui tutto è incentrato sul lavoro e sul senso del dovere. Tutto ruota intorno a questi due principi. Il Giappone resta comunque un posto bello dove vivere, molto sicuro ed efficiente.”
Cosa ti piace e cosa non ti piace del tuo mestiere e dei tuoi colleghi? “Dei miei colleghi non c’è niente che non mi piace. Condivido con loro la fortuna di poter giocare a baseball come lavoro. Del mio mestiere la cosa più difficile è forse stare lontano dalla famiglia e dai propri amici per molti mesi all’anno. Nello specifico significa perdersi compleanni, feste, lauree, nascite, matrimoni e tanti altri eventi importanti.”
Cosa ti piace e cosa odi dell’Italia e degli italiani? “Amo l’Italia. Sono orgoglioso di essere italiano e noto quanto sia ammirata in tutto il mondo. Odio il fatto che noi italiani non siamo capaci a valorizzare la nostra terra. In più rimprovero il poco rispetto che si ha verso il prossimo.”
Come ti definisci in poche parole? “Sono un ragazzo molto semplice che ha avuto la sorte di viaggiare tanto e riuscire a farlo seguendo la propria passione, quella di giocare a baseball. Mi reputo molto fortunato di avere una famiglia come quella che ho alle mie spalle che mi ha insegnato a rispettare il prossimo. Proprio questo, il rispetto. Penso sia uno dei valori più grandi che un uomo possa avere.”
Puoi raccontarci uno o più episodi speciali che hai vissuto e che ti hanno profondamente colpito, nel bene o nel male? “Sono entrambi episodi vissuti sulla mia pelle. Quello negativo è stato il taglio ricevuto negli Stati Uniti dopo cinque anni di sacrifici spesi cercando di arrivare a coronare il sogno di giocare nella Major League americana. L’essere stato ‘rilasciato’ è stato un colpo duro, un momento in cui mi sono ritrovato a pensare… E adesso che ne faccio della mia vita? Quello positivo è stato invece l’esordio nella Nippon Professional Baseball, la Major League giapponese. Ripercorrendo tutta la mia carriera, vedendomi a 6 anni giocare le prime partite nei campetti di Rivabella, in provincia di Rimini, e l’essere riuscito ad arrivare a questo livello, giocando davanti ai 35mila spettatori dell’Osaka Dome, è stata un’esperienza unica.”
Hai vissuto tanto all’estero, ma conti di tornare a vivere in Italia oppure il tuo futuro lo vedi lontano da qui? “Proprio in questi mesi sto ristrutturando quello che era l’appartamento dei miei nonni, in Italia. Insomma, l’idea è quella di tornare un giorno, per viverci. E spero tanto di trovare un paese in condizioni migliori di quello in cui è ora, perché viaggiando mi sono reso conto che l’Italia è uno dei posti migliori al mondo dove vivere.”