ALEX VS ALEX: QUANDO I SOGNI DIVENTANO REALTA’
L’articolo di Matzeyes tratto dall’undici.
Osaka e Seattle sono separate da 18 metri e 44 centimetri. La distanza tra il monte di lancio e il box di battuta in un campo da baseball. Per il resto, sono lo stesso posto, l’Olimpo raggiunto dopo una scalata infinita verso il cielo. Continuano le favole di Maestri e Liddi.
Alex e Alex avevano un sogno in comune, e il potenziale per realizzarlo.
Alex e Alex hanno realizzato il loro sogno e sono atleti professionisti. Giocano nei due campionati sportivi con più spettatori paganti, considerando tutti gli sport e tutti i paesi del Mondo.
Alex Liddi gioca nella Major League Baseball, circa 70 milioni di spettatori paganti a stagione (Bundesliga e Premier League non arrivano a 14 milioni, la serie A non arriva a 8 milioni). Alex Maestri gioca nella Nippon Baseball League, che “si accontenta” della piazza d’onore negli sport più seguiti, attorno ai 22 milioni di spettatori.
Del sogno dei due Alex nazionali, l’Undici ha scritto parecchio aggiornando i propri lettori di tanto in tanto sulla loro scalata del Monte Everest. Liddi è stato il primo giocatore di baseball nato e cresciuto sportivamente in Italia a giocare in Major League. Non una fugace apparizione, ma un contratto nella rosa dei 25, quantificando, qualcosa di più di 400mila dollari all’anno. Nato a Sanremo, ha promesso che se lo inviteranno al Festival si porterà dietro anche Maestri.
Anche Maestri è cresciuto in riva al mare, sulle spiagge di Viserba. E da lì è salpato, per un’Odissea che ha toccato i remoti porti del baseball. Per sapere tutto sulle performance odierne dei nostri Alex non vi serve l’Undici.
Provate a mettere i loro nomi su Google e sarete informati di ogni singolo passo sui campi da baseball. Ma un breve riassunto sul loro percorso non guasterà, soprattutto per capire come queste non siano storie da calciatori cresciuti a Milanello, ma davvero, di un sogno impossibile a cui solo loro potevano credere fino in fondo.
A Sanremo non c’era neppure una squadra di serie A, quando Alex Liddi calcava i diamanti liguri. Ma Alex Liddi il baseball se l’è ritrovato nei geni, perchè entrambi i genitori si dilettavano con mazze e guantoni. Il padre Agostino ha sempre giocato col Sanremo, nei campionati minori italiani, ma coltivava già il vizio del fuoricampo, come racconta questo documento d’annata e l’anno prima della nascita di Alex si è anche fregiato dello “scudettino” di serie A2. La madre (Flavia Ciliberto) è tuttora allenatrice di softball. Ma soprattutto, per sostenere la passione del figlio, l’hanno scarrozzato in giro per l’Italia sin da bambino, perchè nei dintorni di Sanremo di partite non se ne giocavano tante.
Liddi, il primo contratto da professionista lo ha firmato poco dopo aver compiuto 17 anni, nel settembre 2005. E’ arrivato in Major alla fine della sua sesta stagione negli States, nel settembre 2011. Solo dodici mesi fa batteva la sua prima valida MLB. E quest’anno è passato da un contratto di Minor League (circa 1500 euro al mese, incluso l’affitto per la stanza in casa di una famiglia) al contratto (minimo) di Major e agli alberghi a dodici stelle.
Dopo l’euforia del primo anno (9 valide e 3 fuoricampo in tre settimane), quest’anno ha tentato di ritagliarsi un posto in prima squadra. Ha resistito fino ai primi di giugno, poi – nonostante statistiche dignitose, 231 di media battuta (ossia battute valide nel 23% delle opportunità, il 30% è considerato un risultato eccellente – è stato rispedito di nuovo in Triplo A, una sorta di serie B del baseball americano.
Il cosiddetto farm system, ogni franchigia ha una squadra affiliata a tutti i livelli e può spedire e ripescare i giocatori nelle leghe inferiori secondo i propri piani. Cadere dall’Olimpo fa sempre un po’ male, e Alex ha accusato inizialmente il colpo. A luglio ha battuto con una media di “soli” 198, pur lavorando duramente per “limare” il numero di strikeout. Ad agosto ha ritrovato se stesso, 328 di media (33%… una valida ogni tre turni alla battuta) e così a settembre, mese in cui il regolamento permette alle squadre della massima serie di allargare la rosa, è tornato nel dorato mondo della Major League. Domenica scorsa ha giocato da titolare.
Se Liddi ha mostrato continuità e tenacia, oltre che talento, la storia di Maestri è ai limiti dell’incredibile. Il braccio dell’Alex viserbese spara palline che i radar giapponesi hanno misurato sabato scorso sulle 92 miglia orarie.
E così anche lui è balzato agli occhi dei “pro” americani, e ha esordito nello stesso anno di Liddi, il magico 2006, all’età di 21 anni. I pronostici davano lui per favorito nella scalata alle Majors rispetto all’omonimo di Sanremo, anche perchè il suo curriculum sportivo migliorava esponenzialmente di stagione in stagione.
E invece, nel 2011, dopo varie tribolazioni fisiche e tecniche, è arrivata la “retrocessione” in una lega inferiore. Nulla di preoccupante, se si pensa che altre squadre della MLB si erano fatte avanti per rilevare il suo contratto dai Chicago Cubs, che però hanno deciso di tenerselo. Ma solo per un paio di settimane, prima di licenziarlo definitivamente, pur trovandogli un ingaggio in una lega indipendente americana.
A ventisei anni, nel sistema americano, generalmente questo è l’epilogo. Dopo sei stagioni da emigrato passate a macinare chilometri sulle highway americane, ma con il miraggio del massimo palcoscenico, ecco che Alex si ritrova nel “mondo reale”.
La fortuna di Alex è che lui, nel mondo reale, c’è sempre stato. Crede nei propri mezzi, non sono un benservito o un pitching coach (l’allenatore dei lanciatori) insoddisfatto a fargli perdere fiducia. E’ dura, ma Alex vede sempre il bicchiere mezzo pieno. Terminata la stagione “indipendente” in America rinuncia ai capelletti in famiglia e passa il Natale in Australia, dove da un paio d’anni è nata una minuscola lega professionistica foraggiata dalla Major League.
E nella terra dei Canguri, quella che ha ispirato il primo romanzo al fratello Francesco (in arte Zunflaz, collaboratore de l’Undici), Alex Maestri ritrova numeri importanti e vince il riconoscimento di giocatore più amato dai tifosi aussie.
E trovandosi nei pressi dell’Oceano Pacifico, sono i giapponesi a notarlo. Alex non è uno che ha paura di riempire la propria valigia. Il contratto glielo offre un’altra lega “indipendente” (un po’ come le etichette nel mondo della musica), tutte le partite si giocano su un”isola giapponese. Alex lancia tutti i giorni e stupisce con record su record, ottenendo alla fine il riconoscimento di miglior giocatore.
Il dado è tratto, per AleMae arriva il contratto con Osaka, i Bufali di Orix lo parcheggiano brevemente in una lega inferiore, poi decidono di “provarlo”. In fondo sono ultimi in classifica, hanno poco da perdere, anche perchè il suo periodo di prova (un mesetto) costerà meno di 30mila dollari, un’inezia per le cifre che girano nel baseball del Sol Levante.
Ma Alex non è in gita e in poche settimane diventa la sorpresa dell’anno. Nel suo esordio da lanciatore partente, vince la partita, davanti ad uno spettatore d’eccezione, il fratello viaggiatore Zunflaz. A fine gara riceve l’assegno destinato al miglior giocatore della partita e l’intervista, rigorosamente in giapponese con interprete, è commovente. Alex cerca di capire cosa sta succedendo, mentre decine di migliaia di tifosi lo ascoltano con curiosità, lui cerca con gli occhi il fratello tra il pubblico. Guardatevi il video, ne vale la pena. Molti pensano ai 15 minuti di gloria, alla solita “meteora”.
Ma Alex non è volato dall’Italia agli Stati Uniti, dagli USA all’Australia, dall’Australia al Giappone, per un breve show. Ha deciso di vivere fino in fondo il suo sogno, alla giornata, ma con la sicurezza di un veterano. E alla terza uscita inventa una partita da favola, lancia dall’inizio alla fine, vince ancora, raccoglie undici strikeout, concede solo 4 valide.
Occhi a mandorla strabuzzati. Non è ancora passato un mese dall’esordio nella Nippon Baseball League, e Maestri ha già raccolto 3 vittorie, quando i migliori lanciatori della sua squadra ne hanno vinte cinque o sei in quattro mesi.
Chissà cosa avrà pensato il manager di Chicago che ha deciso il suo “taglio”, leggendo le notizie dal Giappone.
Due amici (veri, non per finta) separati da un oceano e da quei 18 metri e 44 centimetri immaginari, tra il monte di AleMae e il box di battuta di Alex Liddi.
Immaginari per ora, perchè il prossimo sogno è di vederli uno contro l’altro ai massimi livelli o – perchè no – dalla stessa parte, un’operazione di marketing sportivo che i maestri (m minuscola) del capitalismo non dovrebbero farsi sfuggire.